01-06-2020 / inpocheparole, onefilmaweek, cinema
"La città incantata" in poche parole
Nel corso degli ultimi anni un po' per gli studi accademici, un po' attraverso letture personali, un po' grazie ai corsi promossi dal Cineforum Labirinto Treviso, ho avuto modo di studiare la storia del cinema: ecco qui qualche pillola da questo viaggio intrapreso
SPIRITED AWAY

REGIA
Hayao Miyazaki è un regista che con i suoi film ci vuole far capire che l'animazione non è necessariamente un genere cinematografico per bambini, perché sostanzialmente qualsiasi film è "animazione". Le sue opere d'autore sono profondamente radicate nella tradizione giapponese, ma i significati trasmessi rimangono comunque accessibili ad un pubblico mondiale.
"Anime" è il termine che noi usiamo per definire la produzioni orientali, ma in realtà deriva dall'abbreviazione della pronuncia della parola inglese "animation".
Verso la fine dei suoi studi universitari in Scienze Politiche, Hayao Miyazaki si innamora: "La leggenda del serpente bianco" (Toei Company, 1958) è un film d'animazione per bambini basato su un'antica leggenda orientale in cui un serpente bianco tramutatosi in principessa, salva l'uomo che ama per poi rinunciare a lui data la reale di lei natura (che poi finirà davvero così?). Uscito dal cinema il futuro regista scoppia in lacrime sulla via di casa, perché si era reso conto di essersi innamorato della principessa, per lui incredibilmente reale nonostante inesistente. È l'inizio della sua cariera di animatore.
Ma come ha iniziato a concretizzare la sua ambizione di cineasta?
Nel 1963 collabora con la Tezuka alla realizzazione della prima serie anime di “Astroboy”, dai disegni minimalisti che si rifanno al tradizionale teatro delle ombre orientale, con l’aggiunta di movimenti di macchina e montaggio ritmico.
Nel 1968 invece, inizia a lavorare alla Toei Animation (la casa produttrice dell’amato da lui film “La leggenda del serpente bianco” del 1958) come intercalatole di animazione, il ruolo gerarchicamente più basso nella produzione: egli aveva il compito di costruire i fotogrammi di congiunzione tra un movimento principale e l’altro di una caratterizzazione.
Alla Toei conosce Isao Takahata, altro collega “dilettante”, ma con delle capacità innate dal punto di vista della regia. Con il suo apporto e quello di Ozuka decide di realizzare un film dai temi tipicamente orientali, “Taiyou no Fuji, Horusu no daibouken / La grande avventura del piccolo principe Valiant, il segreto della spada del sole” (1968), un film stranamente dalle animazioni fluide che coinvolge l’immaginario dei nibelunghi europei, che verrà boicottato dalla stessa Compagnia.
Dopo questo tentativo fallimentare, la Toei Animation ridimensiona i ruoli dei collaboratori: nel 1969 così, a Miyazaki viene affidato il disegno del logo della Compagnia, il faccione del Gatto Pero che ancora oggi la contraddistingue.
Subito dopo questo lavoro i tre animatori lasciano l’azienda, ritrovandosi a lavorare per altre case tra le quali la Nippon Animation, che fece realizzare loro serie tv come “Heidi” e “Anna dai capelli rossi” a partire dal 1974, per disegnare le prime stagioni del “Lupin III” dalla giacca verde, introducendo l’iconica ‘500 gialla (altro rimando alla sua fascinazione per l’Italia, la sua comparsa nella serie afferma la presenza di Miyazaki nel disegno delle tavole, mentre i primi episodi non sono suoi).
Grazie a questo Miyazaki avrà modo di tornare alla produzione nel 1979 con il lungometraggio “Lupin III e il Castello di Cagliostro”, ma fondamentale fu “Il sole di Yuki” nel 1970, film pilota per una serie tv mai realizzata, perché vede per la prima volta completamente in solitaria Miyazaki come regista.

Fu così che si passò alla realizzazione di "Nausicäa della valle del Vento" (1984), primo film di Hayao Miyazaki prodotto da Isao Takahata. Tratto dal suo manga pubblicato a puntate sulla rivista di cinema "Animage" dal 1982, la trasposizione filmica ci introduce alla narrazione attraverso un arazzo, oggetto simile al rotolo giapponese con il quale si narravano i racconti tradizionali:
è la storia di una principessa di un piccolo regno in un mondo post apocalittico, minacciato dall'avanzare del Mar Marcio, disastro ambientale innescato nei Sette Giorni di Fuoco della guerra termonucleare che ha colpito il mondo.
Da questa sua prima vera esperienza cinematografica nasce uno dei suoi temi ricorrenti, ovvero quello della metamorfosi, al quale se ne aggiungono altri come il tema della donna forte, intrinseco dalla sua esperienza personale (la madre era malata di tubercolosi spinale e nonostante questo si è sempre prodigata per la famiglia durante la sua infanzia) e, data la sua formazione universitaria, quello dei diritti dell'uomo e della responsabilità sociale.
La protagonista guida un elivelivolo: l'atto del volo per il regista rappresenta il senso di responsabilità dei personaggi dei suoi film, che si staccano dal suolo per cercare un altro punto di vista dal comune.
Nel 1985 fonda lo Studio Ghibli che debutta con “Il mio vicino Totoro / Tonari no Totoro” nel 1988, nel quale compare l’iconico personaggio che ritroviamo come logo in tutti i film dello Studio. Lo Studio Ghibli fin dalla sua nascita si è posto di innovare il mondo degli anime, da sempre disegnati con linee spezzate e movimenti volutamente artificiosi per evidenziare la presenza di un autore manovratore, come fossero maschere del teatro giapponese. "Ghibli" è un vento caldo del deserto del Sahara, desiderato dalle popolazioni perché in grado di portare fertilità all'agricoltura. Il nome è stato scelto quindi a rappresentare quel vento in grado di portare la rivoluzione nel mondo dell'animazione cinematografica.
In Italia è anche il nome di un aeroplano realizzato dall'ingegner Caproni, uno dei personaggi del suo ultimo film "Si alza il vento" (il padre del regista era il proprietario dell'azienda di aeroplani Miyazaki Airlines che riforniva l'esercito giapponese, per questo è evidente in molti film l'affezione del regista al disegno di gigantesche macchine volanti).
TECNICA
Sia nel film “Never-ending Man” che ne “Il regno dei sogni e della follia” è visibile il processo creativo e di realizzazione dei film dello Studio Ghibli: a differenza dell’animazione occidentale, l’Oriente non usa tavoli inclinati per disegnare e la reggetta è mobile e agganciabile in alto. Queste soluzioni ostacolano la praticità nello sfogliare i fogli (il sostegno laterale dell'animazione occidentale, consente di incastrare più fogli tra le dira e contemporaneamente continuare a disegnare consultandoli comodamente), ma nonostante questo tutte le animazioni dello Studio sono incredibilmente fluide.
Nell’approccio Orientale nulla deve essere semplificato affinché si possa esaltare il vero impegno dei disegnatori.

Il processo creativo di Hayao Miyazaki inizia con immagini e bozzetti ad acquerello, suggestioni della mente dalle quali prende forma la storia. Nella maggior parte dei casi, il regista ha iniziato la produzione senza aver ancora delineato lo sviluppo e la fine del film, esattamente come nel caso de “La città incantata / Spirited Away / Sen to Chihiro no kamikakushi” (2001).
Miyazaki è un regista molto coerente con se stesso e una delle sue peculiarità più impressionanti è la gestione del tempo: ogni inquadratura non è mai casualmente lunga o breve, ha esattamente la durata che egli si era immaginato dall’inizio…ma come è possibile? Semplice: usa un cronometro mentre prefigura mentalmente la sequenza, per poi annotarla velocemente sullo storyboard!

TRAMA
“La città incantata / Spirited Away / Sen to Chihiro no kamikakushi” (2001) è un’opera assoluta che ha contribuito in maniera determinante a un’affermazione degli anime su un piano intellettuale e critico. All’uscita segna una svolta culturale anche per il Giappone, facendo un record mai visto di incassi, battendo anche quelli de “La principessa Mononoke / Mononoke-hime” (1997), che aveva temporaneamente ceduto il primato a “Titanic”.
È la storia della contrapposizione tra l’età dell’oro del Giappone e l’età della ripresa dopo il crollo economico. I genitori di Chihiro, che hanno vissuto un’infanzia ingorda e ricca data dalla prosperità, sono i primi a sdegnare gli idoli antichi, ma sono anche primi a cadere nel tranello dell’illusione di un tempo passato pagandone le conseguenze e tramutandosi in grassi maiali (l’immagine del maiale compare in molti film dell’autore perché è concepito come alter-ego del regista stesso, nonché suo simbolo personale…basti pensare a Marco Pagot di “Porco Rosso - Kurenai no buta” (1992) che guarda caso è anche pilota di aerei).
Chihiro invece, impersonifica la seconda età del Paese, quella di una tranquilla normalità apatica: sarà proprio lei che dovrà salvare la fantasia e l’emozione dei vecchi tempi riscoprendoli in se stessa, fin ora così poco interessata alla bellezza della vita.
Per il personaggio della bambina, Miyazaki è stato ispirato dal comportamento leggermente apatico della figlia di alcuni suoi amici, conosciuta durante una vacanza. Vedendola, decise di voler fare un film che avesse come protagonista una bambina di 10 anni in cui si sarebbe potuta riconoscere.
TEMI
“La città incantata” (2001) è ambientato principalmente in uno stabilimento termale per le divinità scintoiste della tradizione Giapponese, tanto venerate nell’età prospera giapponese e ora guardate con superficialità anche dai genitori di Chihiro. All'inizio del film vediamo comparine delle piccole casine abbandonate, piccoli altari dediti alla venerazione delle divinità poc'anzi citate (all’ingresso del parco, compare anche una statua di pietra simile a un Douso-jin, divinità shintoista protettrice dei viaggiatori).
Alcune delle divinità storiche principali compaiono caratterizzate nel film, dove ritroviamo anche personaggi come i susuwatari, nerini del buio altrimenti detti “palline di fuliggine”, già visti ne “Il mio vicino Totoro / Tonari no Totoro” (1988).
La protagonista lavora in un Oofuro, enorme bagno pubblico, di proprietà della vecchia Maga Yubaba. Quest’ultima vincola Chihiro a lavorare per lei amputando il suo nome e trasformandolo in “Sen”: “Chihiro” letteralmente significa "un migliaio" e "fare domande" o "essere alla ricerca", mentre quello di “Sen” significa unicamente "un migliaio”, quindi una fra tanti (il nome di Yubaba invece può essere tradotto con “strega dei bagni”).

Tutti gli impiegati sembrano aver dimenticato i loro nomi originari: questo li porta ad essere legati per sempre alla volontà di Yubaba che in un certo senso è l’incarnazione della supremazia capitalistica occidentale (che vede tutto attraverso l’ottica del profitto, dimenticandosi perfino dei propri familiari). Le condizioni di lavoro all’interno dei bagni mostrano la conseguente alienazione e l’efficienza come unico obiettivo che in realtà porta a una totale perdita di sé.
La bambina si trova quindi a dover liberare gli spiriti dalla sporcizia e dall’inquinamento causato dagli uomini. Anche gli yōkai abitanti della città incantata, non sono immuni ai sentimenti negativi che caratterizzano il mondo umano, come rabbia e cupidigia, quindi anche il contatto con il mondo degli spiriti è deleterio (basti guardare il personaggio di Senza Volto)…sta a Chihiro-Sen resistere alle stesse tentazioni per salvare i propri genitori.
Il tema della lotta e della fortezza così, viene contestualizzato all’interno del macrotema dell’ambientalismo. Ogni film di Miyazaki è, indirettamente, uno studio del rapporto tra uomo e natura, ma egli è molto attento a non dichiarare apertamente la sua personale posizione nelle sue storie, incentrandole per lo più attorno all’idea virtuosa del vivere e del sopravvivere (nella vita privata invece si espone eccome: è un ambientalista convinto e partecipa attivamente a manifestazioni per la salvaguardia dell’ecosistema).
A dare voce a questo messaggio, a un tratto compare nelle terme il dio del fiume Okusare-Sama scambiato per lo Spirito del cattivo odore, il quale in realtà necessita di amorevoli cure per espellere dal suo corpo l’enorme congestione di melma e ciarpame…non a caso Sen verrà eloquentemente ricompensata per l’attenzione nei confronti della Natura (la creazione di questo personaggio nasce da un’esperienza diretta di Miyazaki della pulizia di un fiume vicino casa).

Come in tanti altri mondi di Miyazaki, la magia permea le vite dei personaggi e l’abuso di essa può portare progressivamente all’allontanamento dal mondo umano, fino a perdere la propria natura. Anche Haku, il drago divinità dell’omonimo fiume, rischia di incorrere in questo destino, ma Sen riuscirà a salvare anche lui restituendogli il nome completo e liberandolo dal vincolo con Yubaba.
TRA SCENOGRAFIA E LEGGENDA
Nella favola postmoderna de “La città incantata” (2001) veniamo catapultati in un ambiente favolistico di luci e attrazioni, inizialmente identificato dai genitori di Chihiro come un vecchio parco dei divertimenti costruito agli inizi degli anni ’90.
Tra mostri e spiriti di ogni forma, prolifera una struttura verticale, dai bassifondi delle caldaie di Kamaji (dall’aspetto simile a un ragno, simbolo di operosità e abilità) alla cima delle terme, residenza privata della Maga Yubaba.

Da questa architettura si dipana all’improvviso una “pausa”: l’interregno orizzontale, astratto e pacificato delle rotaie appena sommerse dall’acqua, nella filosofia orientale un simbolo di rinascita e cambiamento.
Prendendo il treno si arriva alla casa di Zeniba, luogo di ritrovata domesticità e familiarità. Più che due sorelle gemelle, Yubaba e Zeniba sono due aspetti della stessa persona, una personalità lavoratrice e la sua versione domestica, infatti non le vediamo mai in comparire in contemporanea.

Il viaggio in treno rappresenta il passaggio metaforico tra l’infanzia e l’età adulta della protagonista, infatti per la prima volta la vediamo assumere uno sguardo maturo dato dalla decisione di accantonare il proposito di salvare i suoi genitori per aiutare Haku. I biglietti del treno sono molto rari ed essendo un viaggio di sola andata, essi vengono completamente distrutti. Visti i presupposti probabilmente la scena si rifà a una nota leggenda orientale che aiuta i bambini a comprendere il significato e accettare la morte: nella fiaba originale i due amici protagonisti viaggiano in un treno volante durante una tranquilla notte di sogni. Il treno fa molte fermate durante il tragitto e ogni volta qualcuno scende, ma mai nessuno sale se non alla partenza iniziale. I passeggeri sono svariati, nessuno parla e tutti sono sereni. All’ultima fermata solo uno dei due bambini decide di scendere, mentre l’altro si risveglia dal sonno scoprendo che l’amico non è più con lui.
Insomma, un altro mondo aggiuntivo all'interno e al di là del mondo iniziale, dal quale si può uscire solo con un intervento divino di nome Kohaku. Non a caso man mano che il treno si sposta sempre di più attraverso il paesaggio acquatico, vediamo come il sole tramonta e il giorno si trasforma gradualmente in notte, la luce contro l’oscurità.
CURIOSITÀ
• Al termine del viaggio in treno, andando verso la casa di Zeniba, troviamo un piccolo personaggio a comparsa: è un omaggio all’iconico logo della Pixar assai stimata dal regista giapponese;
• Sia il tema dell’importanza del nome come identità personale che la presenza di un personaggio in grado di controllarlo, torneranno anche in un’altro film dello Studio Ghibli “I racconti di Terramare / Gedo senki” (2006) con la regia di Gorō Miyazaki, figlio di Hayao. Il film non ebbe un gran successo e in parte fu boicottato da Miyazaki stesso perché non voleva che il figlio intraprendesse la sua stessa carriera, ma rimane uno dei film dello Studio da vedere obbligatoriamente! Protagonista è anche la figura del drago come custode del regno dell’aria e del fuoco e detentore dell’equilibrio con il mondo umano;
• Esistono due doppiaggi de “La città incantata” (2001), una prima versione del 2003 prodotta per l’uscita del film nelle sale italiane (e adesso più difficile da reperire), la seconda del 2014 più fedele al testo originale. Questa seconda versione è una traduzione quasi letterale dei dialoghi giapponesi e per questo più artificiosa all’ascolto, mentre nel primo doppiaggio vengono volutamente lasciati dei sottintesi che credo contribuiscano a creare maggior interesse nello spettatore.

RIFERIMENTI
• "Never-ending man, Hayao Miyazaki" (2017) film che ci fa scoprire il dietro le quinte della routine del regista-animatore mentre è alle prese con il cortometraggio "Boro il bruco";
• "Il regno dei sogni e della follia" (2013) film sul mondo dello Studio Ghibli e dei suoi creatori;
• "Nausicäa della Valle del Vento" manga in 7 volumi edito Planet Manga;
• "I mondi di Miyazaki, percorsi filosofici negli universi dell'artista giapponese" (2016) studio a cura di Matteo Boscarol;
• "Il castello errante di Howl" trilogia di racconti di Diana Wynne Jones del 1986, 1990 e 2008;
• "The art of Howl's moving castle" art-book con bozzetti, storyboard e screenplay originali (si trova solo online), utile per capire il lavoro dietro a ogni film dello Studio.